ILLUSTRATION BY | Gioia Corazza

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Per Illustration By oggi parliamo di Gioia Corazza. 
So che apparirà folle a voi - e sicuramente a lei - ma una cosa che mi ha subito colpita è stato il suo nome. Penserete che non c’è alcun merito nell’avere un nome bellissimo che sembra concepito da un romanziere. Forse, eppure il fato e il buon gusto dei suoi genitori hanno saputo affibbiarle un quasi ossimoro che sintetizza perfettamente il tratto tosto e delicato del suo carattere. Nessuna meraviglia che le ragazze che ritrae siano esattamente così: bambole leggiadre nelle sembianze ma con stile, sguardi e pose che denotano una natura inesorabile e fuori dagli schemi.

Gioia Corazza l’ho scovata accidentalmente un po’ di tempo fa e a dire il vero non so nemmeno più come. Le sue donzelle con le gote a cuoricino - perse in un vuoto onirico - mi hanno ipnotizzata. Poi, leggendo i suoi articoli su Grazia.it e UpStyle Magazine e soprattutto gli status su Facebook, ho scoperto una tale profondità e talmente tante affinità di gusto da impressionarmi. 
Di lei mi piace la poliedricità, la capacità di passare con disinvoltura dalla moda a tutto il resto ma mai per caso, sempre con una ratio; vedi una delle sue ultime fatiche, il volume Vivere Green di Annalisa K. Varesi. 


Poi mi piace tantissimo che sia appassionata di musica (quella giusta) e che nelle sue tavole ci siano sempre echi di sintetizzatori e chitarre elettriche (la fanciulla qui sopra ne è l’emblema). Infine - ma ovviamente non è il motivo meno importante - mi piace perché è un’eccellente illustratrice, un’ottima giornalista e una persona di spessore per cui la moda non si riduce solo alla scarpa X e al vestito Y ma è un tutto inscindibile insieme con musica, arte, cinema, letteratura; è creatività, espressione di sé, spirito dei tempi e in definitiva sogno in cui perdersi.
Insomma, non vedevo l'ora d'intervistarla.

Gioia Corazza - Rosso - Grazia.it

Ciao Gioia, iniziamo col domandone imprescindibile: di dove sei, quanti anni hai, qual è il tuo background e qual è stato il percorso per diventare illustratrice?

Sono nata nelle Marche, in un piccolo paese di mare che da un po’ di tempo mi sta stretto e, infatti, ho in progetto di trasferirmi altrove. Età 29 (anagrafica intendo). 
Il mio non è stato un percorso lineare, nel senso che non sono una di quelle che a 5 anni sapeva già cosa avrebbe fatto da grande, l’ho scoperto relativamente tardi, anche se sì, la matita e i colori erano i miei (quasi unici) giochi e, se non avevo carta, disegnavo dove capitava. Alle elementari mi è stata fatta notare l’attitudine per il disegno, tanto che ne dovette prendere atto anche mio padre: si mise subito le mani nei capelli, pensandomi disoccupata (sai come sono i genitori). 
Ho studiato al liceo classico e lì ho iniziato a interessarmi alla moda, poi all’università ho scelto Design e Moda ma, tornassi indietro, farei una scelta diversa, cioè Lettere Moderne che è sicuramente più affine al mio modo di essere e quindi anche di osservare la moda. 
A fare l’illustratrice diciamo che ci sono arrivata da sola, mi ha aiutato la voglia di sperimentare quello che per me ancora era nuovo. 

Che cosa t’ispira?

Niente in particolare, tutto. Ho una cartella dove colleziono cover degli album anni Ottanta e quella è la mia base, parto sempre da lì ma non finisce lì, perché poi integro con il mio stato d’animo, con la richiesta del cliente etc. Ad esempio, una delle mie cover preferite è quella di Rio dei Duran Duran realizzata da Patrick Nagel, l’illustratore che ha influenzato l’aspetto dei video musicali di Bowie e George Michael, oltre che la fotografia di moda di Guy Bourdin e Helmut Newton. 
Per citarne altre due di riferimento: la cover dell’LP Fade to Grey dei Visage e Power, Corruption and Lies dei New Order.

Gioia Corazza - Flower - Grazia.it

Il tuo tratto è sottile e deciso. Come le creature che disegni: fiabesche, cartoon con romantici cuoricini sulle guance eppure toste, irriducibili, decisamente rock'n'roll. Intorno il vuoto, una dimensione onirica in cui la moda - che caratterizza le tue illustrazioni - appare come naturale espressione della personalità. Ci parli dei tuoi lavori e di ciò che vuoi trasmettere con essi? 

Non penso mai a come devo impostare quello che voglio rappresentare su carta, è la mia dimensione di libertà e voglio che rimanga tale, per cui non mi pongo un quesito prima, in genere dopo rifletto su cosa volessi comunicare. Nella vita, invece, mi comporto esattamente al contrario e noto che, paradossalmente, i miei intenti diventano obiettivi realizzabili quando non li stabilisco in precedenza, quando disegno appunto. 
Ecco, forse principalmente voglio trasmettere questo a me stessa e agli altri; se invece parliamo di moda, allora lì il mio intento è chiaro: presupporre, superare, per poi abolire gli stereotipi sulla donna che continuano a dare linfa al regresso culturale e che stiamo vivendo passivamente da troppo tempo. La moda, in questo senso, è un mezzo importante, forse molto più di altre arti.

Che tecnica usi? Quali sono gli strumenti del mestiere?

Non ho tecniche precise che seguo, diciamo che per velocità - giacché la maggior parte dei miei lavori sono su richiesta - disegno a mano con la classica matita poi uso Photoshop e Illustrator. Quando ho tempo, mixo tempere, acquarelli, matite colorate, pastelli, china, ma in questo caso molto dipende dallo stato d’animo.

Oggi sembra esserci un grande ritorno alle illustrazioni. Che cosa ne pensi? Quale credi che sarà l’evoluzione dell’illustrazione in particolare applicata alla moda?

Alcune maison (Prada prima fra tutte) hanno compreso prima di altre l’importanza dell’illustrazione. Il mare di materiale fotografico non bastava più per comunicare nel contemporaneo l’identità stilistica; c’era bisogno di tornare alla specificità del tratto ma, in un’epoca dove tutto è sotto gli occhi di tutti, c’era bisogno soprattutto di ritrovare l’empatia con l’interlocutore. L’illustratore, infatti, è un traghettatore di sogni, le sue illustrazioni nascono grazie ai suoi stati d’animo, osserva la realtà ma non la riproduce fedelmente - come accade invece nella fotografia - perché utilizza un filtro personale come l’immaginazione per sovvertire o superare la realtà. Devo ammettere che non amo molto la fotografia, amo però più spesso i fotografi, nel senso che mi sono trovata diverse volte a parlare con loro e ho notato una certa sintonia di vedute, solo che abbiamo scelto strumenti diversi per comunicare. 
E’ vero che Instagram ha reso la vita difficile ai fotografi, ma non è assolutamente vero che tutti possono approcciarsi alla fotografia, non è certamente la facilità con cui utilizzi il mezzo che fa di te un fotografo; devi saper osservare. Le approssimazioni (di pensiero) sono l’antiarte. 
Molti illustratori utilizzano la fotografia come base per le loro illustrazioni e per il futuro mi auguro che questo sodalizio continui, evolva, anche se, almeno per ora, non è molto affine a me. Credo che la moda non possa fare a meno dell’illustrazione e spero che le restanti maison lo capiscano in tempo.

Gioia Corazza - Lingerie - Grazia.it

Non solo illustratrice ma anche web editor per Grazia.it e UpStyle Magazine. 
Tu che scrivi di argomenti considerati di nicchia come designer non mainstream e storia della moda con riferimenti musicali e cinematografici, che cosa pensi di fashion blog, social network e della dittatura dei like?

Penso che di fashion blog ce ne siano troppi e che alla metà manchino basi, come ad esempio la conoscenza della lingua italiana e il contenuto. Molto spesso si cerca di nascondere l’incompetenza con l’utilizzo di anglismi, un po’ in tutti i settori, ma nella moda di più. 
Penso che la moda abbia una storia che vada studiata e rispettata. Penso che la moda sia continuamente influenzata da altre arti, penso che queste vadano approfondite. Penso che l’ansia di far consumare stia logorando le aziende: gli uffici stampa di alcune aziende affidano la comunicazione a chi di comunicazione non s’intende, e manco di moda, in nome dei like o del follow. Credo si debba selezionare accuratamente, perché crescere qualitativamente, vuol dire crescere quantitativamente. 
Tutto questo non vuol dire che non seguo fashion blog, anzi, ma con continuità soltanto quelli con approccio redazionale, mentre i blog di outfit, devo dire, mi appassionano meno ma li seguo, non quelli italiani, ahimè.

Quali sono i tuoi punti di riferimento nella moda?

Nella moda, sopra tutti, Comme des Garçons, quindi Rei Kawakubo e Yohji Yamamoto, poi i sei della scuola di Anversa come Ann Demeleumesteer, Dries Van Noten, Walter Van Beirendonck, Marina Yee, Martin Margiela etc. (la cui trasformazione attuale mi rammarica, non c’è Martin e si vede), poi Raf Simons che è il mio pupillo, soprattutto quando era direttore creativo di Jil Sander, poi Viktor & Rolf e Jean Paul Gaultier agli inizi. Nostrani, sicuramente Prada, Antonio Marras, Costume National, Francesco Scognamiglio, Anteprima, Moschino, Andrea Incontri e il Valentino di Chiuri e Piccioli.