Ecco
la seconda parte del nostro dossier haute couture p-e 2012.
Di
seguito: Giambattista Valli, Jean Paul Gaultier, Giorgio Armani Privé e in più
Worth, Maison Martin Margiela Artisanal, Bouchra Jarrar ed Elie Saab.
GIAMBATTISTA VALLI
Diventato
da poco membro effettivo della Chambre Syndicale de la Haute Couture, Giambattista Valli festeggia l’onore
tributatogli con una sfilata all’Hôtel de Crillon da lui stesso definita “l’Abc
della couture”: ovvero un omaggio all’allure dell’olimpo della moda e ai suoi
segreti, appresi negli anni trascorsi presso gli atelier di nomi come Roberto
Capucci
o Emanuel Ungaro.
Che
Valli avesse - anche nel prêt-à-porter
- un’impostazione haute couture è sempre stato evidente. La sua seconda
passerella è la conferma definitiva di quanto egli sia a suo agio nell’ambito
in cui è ancora possibile dare libero sfogo all’estro e anzi è obbligatorio
ricorrere a lavorazioni di eccellenza altrimenti impraticabili.
Così,
da Capucci a Ungaro passando per Saint Laurent, il designer romano distilla uno
stile inconfondibile fatto di eleganza rétro e freschezza contemporanea, che
gli consente di vestire tanto le giovani amiche socialite quanto signore
dell’alta società decisamente più âgé.
Apertura
e chiusura sono dominate da lunghe cappe squadrate, ornate di fiori simili a
sculture di cera nel primo caso e a petali di hydrangea nel secondo;
fiori e
ortensie che fanno capolino un po’ dappertutto, anche su capi in pizzo o micropois
e come acconciature degli outfit finali.
Le mise corte sono caratterizzate
da forme ad anfora, ricreata anche da giacche con baschine a cupola e
impreziosita da giganteschi fiocchi,
oltre che da silhouette più lineari e
fluttuanti.
Tra nude look e sapienti giochi sartoriali di drappeggi
la sera è
morbida e impalpabile con abiti peplum
o incrostati di jais,
in bianco e nero -
come buona parte della collezione - ma anche in fucsia, melanzana e rosso;
prevale il monocromo ma s’intravedono anche fantasie floreali,
enfatizzate
negli enormi vestiti da grand bal.
Bellissimi
come sempre i gioielli scultorei e le cinture di Luigi Scialanga;
belli anche i
sandali metallizzati dal doppio cinturino e le décolleté in pizzo dalla punta
squadrata.
Segnalazione
imprescindibile poi per la variante couture del look con colletto staccabile.
JEAN PAUL GAULTIER
Omaggio
ad Amy Winehouse da Jean Paul Gaultier.
Sulle
note di Back to Black avanzano modelle
pettinate e truccate di conseguenza: chiome a nido d’ape - brune ma anche rosa,
verdi o arancioni - e eyeliner marcato.
Che
un anticonformista come Gaultier
potesse ammirare un personaggio fuori dagli schemi nella vita come nel look era
prevedibile. E così lo stile della cantante - un mix personale di anni Cinquanta
da pupa del gangster, casual e rimandi gitani - viene ripreso e via via
amplificato a delineare il guardaroba ideale, condensato nella collezione.
Di
Amy ci sono le pencil skirt, le camicie annodate sotto il seno
e le polo Fred Perry
trasformate in bluse scollate o in abiti abbottonati al contrario;
i colori
forti
ma anche - e qui la coincidenza tra i due è perfetta - la lingerie a
vista
e i busti stringivita realizzati dal leggendario Mr. Pearl.
Vita
segnata anche per giacche (fantastica quella con guêpière incorporata),
soprabiti ad anfora
e blouson di pelle tipo college.
Su tutto s’innesta la
declinazione dei classici di Gaultier:
dal tailleur maschile
al trench
fino all’abito bustier.
Splendidi gli outfit
vestaglia, come quello di sapore nipponico indossato da Alana Zimmer,
e le
giacche con inediti revers sfalsati.
Il
finale vede tutte le modelle (tra esse anche l’ambiguo Andrej Pejic)
in
passerella, “vestite” solo dell’intimo e velate come spose o forse partecipanti
a un funerale.
Una
sfilata divertente e intensa, adombrata però dalle polemiche.
La
famiglia Winehouse ha infatti definito l’iniziativa di cattivo gusto bollandola
come sfruttamento dell’immagine della figlia e dando vita a una ridda di
velenosi commenti. Peccato. Resta difficile associare l’idea di una pubblicità volgare
a uno dei massimi innovatori della moda; uno stilista che nel backstage
sottolineava come il vero scandalo sia stata l’assenza sui magazine di moda di
copertine dedicate a una cantante dallo stile inconfondibile.
GIORGIO ARMANI PRIVÉ
Preceduta
dai migliori auspici la sfilata di Armani
Privé.
Poco
prima dell’inizio si è infatti verificato l’imprevedibile: Jessica Chastain,
seduta in prima fila, riceveva la notizia di essere stata candidata all’Oscar
come migliore attrice non protagonista per The
Help. Comprensibili scene di giubilo e la sfilata partiva già col piede
giusto.
A
ciò si aggiunga che Armani dà il
meglio di sé nell’haute couture per trovarsi davanti una collezione fortunata sì
ma anche ricercata e preziosa nella sua essenzialità.
Tema:
il serpente e la metamorfosi,
sviscerati in tutti i modi possibili, tra
allusioni e dichiarazioni. A cominciare dalla nuance dominante - una sorta di
giallo chartreuse
che imperversa tra toni più pacati come nero, grigio e beige -,
per continuare con il massiccio uso della rete
e delle pieghe sovrapposte a
simulare le squame,
dei tessuti luminescenti,
del coccodrillo (sempre di
rettile si tratta)
e del serpente in versione stampa e non
(anche su scarpe dai
tacchi incurvati),
sotto forma di gioiello
e come decorazione per le borse.
Gli
immancabili tailleur abbinano giacche smilze o squadrate dalle spalle
pronunciate a pantaloni dritti
o gonne con panneggi scultorei;
gli abiti da
sera passano da ampie gonne in taffetà a sinuosi tagli a spirale su tessuti
operati, raso, cristalli e paillette.
Il
fatto che il serpente sia simbolo della seduzione e la metamorfosi una nascita
a nuova vita, sommato al significato che i superstiziosi attribuiscono alle
coincidenze, dovrebbe suggerire a Jessica Chastain di optare senz’ombra di
dubbio su un outfit Armani Privé per
la serata degli Oscar.
WORTH, MAISON MARTIN MARGIELA ARTISANAL, BOUCHRA
JARRAR, ELIE SAAB
E
per finire segnaliamo: Worth, il cui
stilista Giovanni Bedin ha proposto interessanti
abiti scultura con pieghe origami e maniche a pagoda,
ispirati dal celebre
cappotto rosso in stile orientaleggiante di Charles Frederick Worth (1910) conservato al Kyoto Costume Institute.
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Charles Frederick Worth, soprabito-kimono in
velluto rosso, 1910 © The Kyoto Costume Institute, photo by Kazumi Kurigami |
Maison Martin Margiela Artisanal che,
rispettando la missione originaria del brand di creare attraverso il riuso di elementi
del passato, è riuscita questa volta a distinguersi con pezzi unici nati da
antiche tovaglie bretoni, corde e fodere di cuscini del periodo bellico o
ancora ricoperti di bottoni
alla maniera dei Pearly Kings londinesi.
Bouchra Jarrar che, sofisticata e
rigorosa come sempre, rivendica una couture indossabile, da giorno e non
semplicemente appiattita su look da red carpet; perfettamente coerente quindi
l’uso di flanella grigia o blu, per impeccabili completi pantalone e cappotti
con colli di pelliccia, ma anche i femminili abiti in georgette fantasia.
Elie Saab che invece, all’opposto di Jarrar,
vive in un Eden popolato di tappeti rossi e di vestiti da sera, lunghi o corti,
ma sempre preziosissimi - con gli immancabili ricami di cristalli e paillette -
ed eleganti, grazie al tocco delicato e ai colori tenui prescelti.
Altre immagini: 1)
Roberto Capucci, Tumblr; 2) Emanuel
Ungaro prima della sfilata haute couture 1991, Tumblr; 3) Amy Winehouse, Tumblr; 4)
Jessica Chastain, Tumblr; 5) Foto di Guido Mocafico, Tumblr; 6) Foto di Guido Mocafico,
Tumblr; 7) Pearly Kings and
Queens, Tumblr.
Etichette: Armani, Giambattista Valli, Jean Paul Gaultier, Paris Haute Couture, Sfilate, Spring-Summer 2012